riflessioni dell’assemblea permanente di sociologia sulla letteratura e il conflitto.Il conflitto
Vi è un dolore che proviene dal vivere la società che ci viene proposta; vi sono conflitti che provengono dall’istante in cui questa proposta diviene un’imposizione. Per ora, ci basti pensare che il conflitto sia un dissidio, interiore o meno. Nasce dai paradossi del vivere, cui la macchina delle istituzioni, ci sottopone senza indossare guanti di seta: che sia la stortura di avere 25 anni e non possedere la prospettiva di pagarsi un affitto in maniera autonoma, che sia quello derivante dalle aberrazioni del sistema universitario; laureifici dai costi sempre più elevati e che nella rincorsa al sistema inglese, perdono la caratteristica propria connotativa: l’amore incondizionato per il sapere. Sistemi congestionati da tagli e spinte verso meccanismi premiali, che vende la ricerca pesandola al chilo. Ci inghiottono, lasciandoci con le ulcere a 24 anni, inoccupati piuttosto che disoccupati, impiegati con contratti giornalieri, privati dei frutti del nostro amore per la conoscenza e la ricerca. Controsensi, ferite, conflitti.
La letteratura che vive di conflitto
La letteratura vive di tali conflitti, dell’infelicità che l’assenza di prospettive inocula giornalmente nelle nostre prospettive di vita. La letteratura diventa palpitante dal momento in cui si appropria del conflitto uomo-società: non più società prodotto delle arguzie umane, ma animale che divora il proprio creatore. Essere umano sgomento nei confronti della potenza e dell’articolazione di ciò che ha creato nell’arco di millenni. Questa è una letteratura che si muove senza sosta, carica di esseri umani contemporaneamente sofferenti, distante dal paesaggismo descrittivo. È una letteratura nera, piena di diversità, di casi limite, traboccante della tristezza cupa che solo l’ingiustizia porta.
Quando la letteratura dona al conflitto
Il percorso letterario trasforma la narrazione di un momento di conflitto da giornalistica, a palpitante, viva, figlia di chi ha agito e narrato. Vi è una trasformazione del reale che parte dalla narratizzazione: questa offre a chi narra, l’ opportunità di oggettivizzare l’azione di cui racconta, prendendosene la responsabilità davanti alla collettività, in un percorso che trasforma l’attore del conflitto in autore.
Questa realtà nuova, cambia di gusto per chi l’assapora: l’opinione di chi legge diventa critica entrando in contatto con l’emotività dell’autore, che introduce il lettore ad un nuovo modo per vivere l’esperienza: si lascia leggere col cuore, più che con gli occhi congestionati del giudizio maturato sulle esperienze. Si offre un nuovo senso all’oggettività: non più ciò che è, ma ciò che si percepisce. Permette di costruire così, un nuovo umanesimo multi sfaccettato, in cui è l’esperienza dell’essere umano a rendere preziose le azioni di conflitto.
Vi e’ infine una terza funzione unificatrice e collettivizzante, che permette alle esperienze di ogni lettore di specchiarsi nello scritto di altri. Ci rende vicini, forti delle nostre convinzioni, con gli occhi aperti su un mondo che non ci appartiene, avvicinando l’idea di poterne cambiare le sorti.