C’era un tempo in cui eri assente
ferma, imprigionata da realtà artificiali
vita scandita da lancette
scorreva inesorabile il tempo
foto di Fabio Migliano
Cosa può darmi il legno su cui siedo, mentre fuori mi pare che accada..
I primi ad abbandonare la scena, sono stati i tecnici delle luci; ho sempre pensato che il movimento delle luci riflettesse un loro movimento interiore; l’occhio di bue è il concentrarsi di qualcuno ancora in grado di notare il gesto della mia mano sinistra, un solo muovere le dita, il tocco del tessuto del vestito. Sono stati i primi, ed è calato il buio. Le attrici hanno lanciato i veli al di là del palco e sono corse giù. Ho ricordato la loro improvvisazione in cui quei veli venivano squarciati e oltre lo squarcio le ho viste respirare libertà. Come oggi. Come pochi istanti fa.
È l’una di notte di un lunedì primaverile in piazzetta a san lorenzo. L’aria è fresca, ha piovuto in giornata.
Solita composizione: gruppetti di magrhebini che bevono e trafficano rumorosamente agli angoli della piazza, i freakkettoni con l’immancabile bongo, il solito giocoliere, qualche alcolizzato con il cagnone libero che lo riporterà a casa… la solita seratina di merda.
Ci siamo. Le ultime luci del tramonto si affievoliscono e l’esercito di coloro che un tempo erano gli ultimi si riversa nelle strade di quel centro storico che mai è loro appartenuto. I numeri sono incalcolabili, i Palazzi sono circondati: l’esercito nemico, quello dei pretoriani di un potere che nell’arco dei decenni ha perso ogni legittimità, è arroccato, armato fino ai denti, a chiudere gli accessi, a proteggere oltre ogni limite di decenza i privilegi e le proprietà degli affamatori.
La corazzata Potemkin era partita con entusiamo dalla sua centrale operativa. Degage, in via Antonio Musa 10, era stata conquistata da poco e scorreva su di noi ancora tanta adrenalina nonostante fossero passate due settimane. Erano duri quei giorni. La centrale era messa bene: luce, acqua, gas, era tutto funzionante..ma mettere in sicurezza il posto e allo stesso tempo continuare a vivere costava fatica. Soprattutto quando cerchi di convincere i tuoi compagni che la partita non si gioca qui e ora…Anche se, poi ho pensato: perchè no? Trovo frustrante il senso di impotenza che attraversa i nostri giorni. Continua a leggere
Fa un caldo afoso in questo sabato sera di luglio, è dal tardo pomeriggio che sto camminando con un mazzo di rose in mano girando tutti gli apericena di Via Po, cazzo le caviglie mi fanno male e, oltretutto, sti’ plasticoni di scarpe da cinque euro non aiutano.
E le rose! Se non le vendo tra un paio d’ore non me le posso certo mangiare (anche se potrei provarci, dal colore sembrano buone e poi, in mancanza di meglio…). Continua a leggere
Piazza Castello era gremita di gente ma ne stava arrivando molta di più da tutte le vie principali a ridosso di essa. Studenti, universitari, precari, operai, c’erano tutti, tenuti insieme dalla stessa rabbia ormai divenuta incontrollabile. C’era una strana atmosfera, la piazza sembrava una grande pentola a pressione sul punto di scoppiare, con il cielo plumbeo di Torino che si schiacciava su di essa, come un enorme e pesante coperchio che di lì a poco sarebbe stato spazzato via dalla violenta esplosione. Continua a leggere
cuori di pietra.
Così sono fatti i tuoi figli, Duemila.
Tagliati via dall’ uno,
la stessa toeletta,
divisi da un sottile strato di terra. Continua a leggere